martedì 15 giugno 2010

Questione di opportunismo

Non vorrei passare per retorico, scontato, addirittura romantico per quello che sto per dire ma questa mattina mentre andavo in ufficio, facevo caso a quanti pochi tricolori c'erano appesi ai balconi delle case.

Noi siamo un popolo particolare, generalmente ci manifestiamo solo nelle grandi occasioni - vedi mondiale - o nelle grandi tragedie. Per il resto l'italiano medio rimane indifferente del corso degli eventi e non si cura più di tanto della "simbologia" che lo dovrebbe rappresentare.

Il 2 giugno, festa della Repubblica, di tricolori ne ho visti pochissimi, ma confesso che neppure io lo avevo messo fuori. Purtroppo questo è il palese manifestarsi di una disaffezione, di una noncuranza delle proprie origini, della propria identità unitaria nazionale, un affronto a chi dedica la vita per quella bandiera, per chi è morto per quel tricolore.

Tutte queste storie della Lega, del Va' Pensiero, dell'inno non suonato, dovrebbero avere un effetto coalizzativo, verso i nostri simboli, la nostra tradizione, ma sinceramente non vedo tutta questa indignazione nell'italiano medio - ma a pensarci bene nemmeno nei media -, che la considerano per lo più come una "boutade", consuetudine ormai nota di questo partito.

E' tempo di riscoprire e riscoprirsi patrioti, quel patriottismo sano e non con la bava alla bocca, un patriottismo continuo 365 giorni l'anno e non ogni quattro anni - sempre che l'Italia vinca - è tempo di smetterla di essere Italiani di comodo, quando ci viene bene.

Negli Stati Uniti c'è ancora chi rivendica l'orgoglio sudista (vi ricordate Hazzard, i fratelli Bo e Luke?), li la secessione hanno provato a farla, ma ora non troverete una sola casa che non abbia nel proprio cortile una bandiera.

Negli Stati Uniti cantano l'inno prima dell'inizio di ogni manifestazione sportiva, da quelle più importanti a quelle più infime, sarebbe il caso che quelle poche volte che si chiede di suonarlo qui da noi ci fosse un po più di partecipazione.

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