Vorrei tornare su un tema già trattato, ma che mi sta molto a cuore. Lo spunto per riparlare di questo argomento me lo ha dato l’ultimo numero di Internazionale.
L’articolo è stato preso e tradotto da The Times Literary Supplement, settimanale letterario britannico pubblicato dallo stesso gruppo editoriale del quotidiano The Times.
Quello che segue è un estratto dell’articolo che esprime appieno quella preoccupazione e quel pensiero di cui ho già parlato qualche volta su questo blog riguardo il mondo dell’università e la cultura, più in generale.
“Attirati dal profitto, molti paesi, e i loro sistemi scolastici, stanno escludendo alcuni saperi indispensabili a mantenere viva la democrazia. Se questa tendenza continuerà, gli stati di tutto il mondo produrranno generazioni di macchine docili, utili e tecnicamente qualificate, invece di cittadini a pieno titolo, in grado di pensare da soli, di mettere in discussione le consuetudini, e comprendere le sofferenze e i successi degli altri.” (…)
Ve la ricordate la riforma dell’università che introduceva il favoloso 3+2? E l’introduzione di nuove materie, come scienze politiche, appunto. Si disse che erano riforme volute e chieste dal mondo dell’imprenditoria, dal mondo industriale, che aveva bisogno di persone, di impiegati, con delle specifiche capacità e conoscenze atte a garantire un inserimento pressoché immediato nel mondo del lavoro una volta conclusa l’esperienza accademica. I fatti però, come spesso succede, dimostrano che non andò proprio così.
“E anche quelli che potremmo definire gli aspetti umanistici della scienza e delle scienze sociali – l’aspetto creativo e inventivo, e il pensiero critico rigoroso – stanno passando in secondo piano, perché si preferisce inseguire il profitto a breve termine garantito da conoscenze pratiche adatte a questo scopo” (…)
“Non nego che la scienza e le scienze sociali, in particolare l’economia, siano altrettanto importanti per la formazione dei cittadini. Anche queste discipline possono essere permeate di elementi che formano uno spirito umanistico (…) Eppure, più che di ogni altra epoca del passato, tutti noi dipendiamo da persone che non abbiamo mai visto e che a loro volta dipendono da noi.”
“La conoscenza non è una garanzia di buona condotta, ma l’ignoranza garantisce una condotta cattiva.” (…)
“Per capire bene la complessità del mondo non si possono usare solo la logica e le conoscenze fattuali. Le persone hanno bisogno di un terzo elemento, strettamente correlato ai primi due, che possiamo chiamare immaginazione narrativa. È la capacità di pensarsi nei panni di un altro, di essere un lettore intelligente della storia di quella persona, di comprenderne le emozioni, le voglie e i desideri. Coltivare l’empatia è stato uno dei punti chiave delle migliori concezioni moderne di istruzione democratica.” (…)
“Difficilmente una persona riesce a rispettare la posizione di un’altra se non comprende la concezione della vita o le esperienze da cui questa posizione scaturisce.” (…)
“L’istruzione finalizzata alla crescita economica richiede conoscenze di base, come scrivere e fare di conto. In seguito, alcune persone dovranno acquisire saperi più complessi, in informatica e nuove tecnologie. La parità di accesso all’istruzione non è importante: un paese può crescere anche se i contadini rimangono analfabeti, come succede in molti stati dell’India. Questo è sempre stato il problema del modello di sviluppo basato sul pil: trascura la distribuzione della ricchezza e finisce per valutare positivamente paesi dove esistono disparità allarmanti.” (…)
“Una persona istruita e in grado di provare empatia per l’altro è un nemico particolarmente pericoloso dell’ottusità, e l’ottusità morale è necessaria per realizzare programmi di sviluppo economico che ignorano le disuguaglianze. È più facile trattare le persone come oggetti da manipolare se non si è mai imparato a vederle in un altro modo.” (…)
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