lunedì 30 gennaio 2012

Mission: Impossible - Ghost Protocol


Tre cose importanti su tutto: la regia, la produzione, la musica. Ora mi spiego.

La regia è di Brad Bird che ha diretto tra le altre cose “Gli Incredibili” e qualcosa vorrà pur dire; la produzione è di J.J. Abrams che non sto nemmeno più a dire chi è e cos’ha fatto (a parte il piccolo vizio di infilare qualcuno del cast di Lost in ognuna delle sue nuove produzioni, questa volta il bel Sawyer, che tra le altre cose dura pochissimo facendo una brutta fine) e della sua casa di produzione Bad Robot e di Tom Cruise as himself e insomma, quando ci metti dei tuoi di soldi magari non vuoi fare proprio una robaccia anche perché poi chi le sente la Katie e la Suri? 
E poi la musica, ma dire musica è sempre riduttivo, si dovrebbe sempre dire la colonna sonora e di chi se non Michael Giacchino, ormai ombra e collaboratore fidatissimo del buon JJ che se lo porta dietro sin dagli inizi di Lost, poi Fringe, ora Alcatraz e in tutti i film come Super 8 solo per fare un esempio.

Gli ingredienti ci sono tutti, non dovrebbe servire altra spiegazione, vero?

Ma noi siamo buoni e due cose ancora le vogliamo dire, M.I.4 ha il pregio di non farti annoiare mai, e non è cosa da poco tenendo conto delle ultime pellicole che abbiamo visto e di cui abbiamo parlato qui sul Blog dei Due Mondi.

Insomma, partenza abbastanza ordinaria, grossa scazzottata, poi il botto, quello grosso, che dici “WOW”, ma dura tutto molto poco, perché c’è tanta roba da fare e troppo poco tempo per farla stare tutta assieme. Niente scenari geopolitici troppo complicati niente Iran, Iraq, Afghanistan, qua si torna alla cara vecchia guerra fredda: USA vs. RUSSIA, così come dev’essere, così come ci è sempre piaciuto, da “Caccia a Ottobre rosso” in poi.

Poi certo, in America non si mette piede; si passa da Mosca a Dubai e da Dubai a Mumbai (India), la minaccia è sempre la Terza Guerra Mondiale con la bomba atomica, i codici di lancio e tutto il resto “che sennò non ci mettiamo nemmeno a fare il film” e però c’è la novità, inaspettata per certi versi: il cattivo. Sì perché il cattivo non è il solito miliardario ultranazionalista russo ma uno svedese, sì avete capito bene, uno scienziato scandinavo pazzo, geniale vero? Non un russo, non un americano, uno svedese! Dai, non potete rimanere impassibili di fronte a un tocco di classe di queste dimensioni.

Ottimo anche il cast con Simon Pegg che è l'hacker del gruppo ed è pure quello che fa le faccette e le battutine, insomma il Robert Dawney Jr. della situazione, poi c’è Jeremy Renner che fa il figo ma meno del solito, molto meno, forse lui è un po’ una delle poche delusioni del film. Insomma, ce lo aspettavamo tutto esplosivi archi e frecce e fucili e invece niente, rimane un po’ troppo oscurato dall’agente Hunt, ma d’altronde i soldi li ha messi lui quindi ci sono poche storie.

E quindi arriviamo al capitolo fregna. Come in ogni Mission Impossible che si aspetti c’è l’agente più o meno figa che di solito fa una brutta fine. Quella di questo episodio si chiama Paula Patton. Lei non fa una brutta fine ma ci lascia un po’ indecisi, per spiegarci meglio potremmo dire una frase comunemente usata sui banchi di scuola “ha il potenziale ma non si applica”. E sì, perché il potenziale si intravede in poche scene sul finale e ti lascia un po’ lì sospeso per poi ritornare nella sua tutina nera che copre tutto quello che c’è da coprire.
quella vestita di verde
Molto meglio per certi aspetti la cattiva della prima metà del film, Léa Seydoux biondina tutto pepe che all’inizio fa fuori il bel Sawyer per la gioia di noi maschietti a cui in fondo lui, sin dall’inizio di Lost ci è stato sulle palle per quella sua faccia un po’ così che fa impazzire a voi ragazze ma che a noi fa venire da prudere i palmi delle mani “che te lo dico io cosa gli farei”.

"che te lo dico io cosa le farei" (cit.)
Insomma, bel film, due ottime ore di divertimento e un portone lasciato aperto sul finale per un molto probabile, a questo punto, Mission Impossible 5.

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