lunedì 13 febbraio 2012

The Girl with the Dragon Tatoo – Millennium, Uomini che odiano le donne


Partiamo dalla fine, cominciamo dal trailer.




Le clip da due minuti scarsi sono sempre capaci di incuriosirti, di farti venire voglia di andare a vedere, poi questa con “Immigrant song” rifatta da Trent Reznor è proprio ben riuscita, certo, direte voi, altrimenti non le starebbero a fare.

Quindi vediamo di dire qualcosa sull’ultima fatica di David Fincher. Lo avevamo lasciato coperto di elogi e di allori a quel piccolo gioiellino che è “The social network” e lo ritroviamo qui in Svezia, al freddo, sotto la neve a dirigere quella che è la trasposizione in salsa americana del best seller omonimo “Uomini che odiano le donne” che confesso di non avere letto ma dopo la visione del film ne esco rincuorato. Sì, ok spesso nei film non si rispetta per filo e per segno quello che c’è scritto nel romanzo ma il succo della storia rimane sempre quello e non sembra un granché.


Le cose che vanno.
Su un paio di cose non mi sentirete mai, e dico mai, parlare male, la prima è Daniel Craig, che è un figo da paura, che sembra nato per essere svedese e che con la barba incolta “vabbè, che te lo dico a fare”.
cool.
La seconda cosa è il cast, che oltre al supermegafigo di cui sopra annovera tra le sue fila la bellissima Rooney Mara (la fidanzatina di Marc Zukerberg in The social network) qui in versione molto dark, poi la sempre bellissima Robin Wright viceredattrice di Millennium, il giornale per cui lavora il nostro Daniel, e poi Goran Visnijc, che per chi seguiva E.R. era il bel dottor Kovac e poi tanti altri che non vi sto ad elencare che altrimenti non si finisce più.
more cool.
Poi c’è la colonna sonora, sempre giusta, sempre ben fatta, ipnotica, perfetta ancora una volta con i pezzoni all’inizio e alla fine “Immigrant Song” e “Is your love strong enough”.

Le cose che non vanno.
A essere sbrigativo dovrei dire tutto il resto. Ma so che siete ansiosi di conoscere il mio parere quindi mi spiegherò un po’ meglio.

Non funziona la storia, o meglio, per uno come me che non ha mai letto il libro, visto il primo adattamento cinematografico e che quindi non aveva idea di cosa fosse ‘sto Millennium il film è uno di quei thriller di una volta con tanti nomi, tanti incroci, tante storie che si fa fatica a starci dietro. Vi riassumo in breve la storia: c’è un giornalista d’inchiesta che lavora per un magazine indipendente, Millennium appunto, che viene condannato per avere scritto cose false in una sua inchiesta contro una multinazionale, ma si capisce subito che è stato sconfitto dalla multinazionale che lo ha “incastrato” come si fa di solito in queste situazioni. Il suo matrimonio va a rotoli, se la fa con il suo viceredattore, la bella Robin Wright, e ha una figlia che è diventata una invasata della bibbia.

Insomma, Michael, il nostro bel giornalista, finisce sul lastrico ma riceve una telefonata da un vecchio miliardario che vive su un isolotto sperduto nel nord della Svezia. Questo vecchio gli propone, e non si capisce perché chiami un giornalista invece che un investigatore vero e proprio, di indagare sulla scomparsa di una ragazza avvenuta quasi cinquant’anni prima e gli promette, in caso di riuscita, di coprirlo di soldi e di aiutarlo a smascherare il trappolone della multinazionale che lo ha incastrato.

Nel frattempo c’è Lisbeth. Ragazza difficile a quanto pare, visto che a 24 anni è ancora sotto tutela. Un genio assoluto quando si tratta di indagini e di ricerche, lavora infatti per una società investigativa privata per la quale si occupa anche di redigere un rapporto sul nostro Michael per il vecchio Henrik Vanger, è un completo disastro in tutto il resto. Ha una vita difficile e nella prima metà del film viene stuprata dal colui che valuta se renderla “capace” legalmente. Non vi preoccupate che poi lei si vendicherà e gli farà fare una brutta fine.

E così buona metà del film se ne va con queste due storie parallele che sembrano non volersi mai incontrare fino a quando c’è la svolta nelle indagini, i due si incontrano, cominciano gli spiegoni, si vede un po’ di sangue, un gatto morto, qualche tetta, tanti tatuaggi e poi quando tutti ci aspettiamo il lieto fine, niente, si rimane con l’amaro in bocca.

Insomma, il prodotto è buono, ma è molto complicato per chi non sa di cosa si parla, si va troppo vicino allo schema classico dell’intrigo ingarbugliato con moltissime cose intuite ma non dette e poi venti minuti finali pieni di occhi sgranati e interminabili spiegazioni dell’enigma.

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