mercoledì 18 maggio 2011

C'hai provato, è andata male.


Caro Gianfranco, passata questa prima tornata elettorale, ti scrivo queste poche righe per rivolgerti un appello, o se preferisci, per offrirti un consiglio.

Ci avevi affascinato un po’ a tutti, quel giorno, a Roma, durante l’assemblea nazionale del PdL, seduto lì, in prima fila a scattare in piedi con il dito puntato contro il palco e gridando l’ormai celebre frase “Che fai, mi cacci?”. Devo ammetterlo, sono stati bei momenti, anche i giorni successivi, dove non c’era trasmissione in cui non fosse presente un Granata, un Ronchi, un Bocchino, un Urso, un Barbareschi. Te lo ricordi, vero? Che bello è stato quel periodo, «una ventata di aria fresca nel panorama politico italiano», si era detto, «sta nascendo la nuova destra italiana». Periodo di scontri feroci, senza esclusione di colpi, soprattutto con chi ti era stato più vicino, con chi aveva costruito insieme a te Alleanza Nazionale, «i colonnelli», Gasparri, La Russa, Matteoli.

Te lo ricordi Gianfranco quando uscì quel comunicato della direzione del PdL in cui si diceva che non eri compatibile con la linea del partito? Quando Bocchino Briguglio e Granata vennero affidati al giudizio dei probiviri? Te lo ricordi, vero?

Ti ricordi quando in un affollata conferenza stampa, insieme a 35 volenterosi e caricatissimi  deputati presentasti il nuovo gruppo parlamentare? «Futuro e Libertà per l’Italia» lo chiamaste. Che belli quei giorni, si era aperta una nuova fase politica, cominciavamo a crederci un po’ tutti che forse, magari, una spallata la si riusciva a dare.

Ti ricordi FareFuturoWebMagazine? Te lo ricordi Gian? Qualcuno lo definì «il braccio armato di Fli», con gli editoriali di illustri intellettuali di ogni orientamento politico, per far vedere che una politica diversa era possibile, fuori dagli steccati degli schieramenti, fuori dalle ideologie, dai radicalismi, dal muro contro muro, te li ricordi gli editoriali di Sofia Ventura, di Alessandro Campi?

Te lo ricordi Mirabello Gianfranco? Quel comizio in cui alla fine rischiasti di svenire per la tensione o l’emozione? Te lo ricordi quanta gente che c’era? Non erano i soliti vecchi missini che venivano ad ascoltarti ogni anno, c’era molta altra gente, molti giovani, perfino la diretta tv fecero, si sentiva che nell’aria c’era una speranza, una cosa che non si capiva bene cos’era ma metteva il buonumore, dava carica, faceva forza per proseguire nel cammino intrapreso.

E poi te la ricordi Bastia Umbra? L’assemblea costituente di FLI, te la ricordi Gianfranco? Quel palasport pieno zeppo, quella scenografia, quelle musiche, quelle parole. Urso e Ronchi che lasciavano gli incarichi di governo, te lo ricordi?

Che belli quei periodi.

Poi però cominciarono i primi problemi, sì certo, «la macchina del fango», la casa a Montecarlo, i Tulliani. Cose di poco conto a dispetto dell’imminente voto di fiducia che si sarebbe dovuto tenere a settembre. Agosto, quel mese di fuoco, era passato, si era scesi in trincea ma se ne era usciti bene, di sicuro non indeboliti, i sondaggi sfornavano cifre più che incoraggianti.

Il voto di fiducia, già, quello. Dalla tua poltrona di Presidente della Camera non ti sarà nemmeno balenato per il cervello di muovere una critica verso di lui, ma se c’è uno che forse più di tutti ti  ha messo i bastoni tra le ruote è stato lui, il Presidente Napolitano. Già, se non fosse stato per lui, quella fiducia sarebbe stata votata a settembre e forse, ripeto forse, gli eventi avrebbero preso un’altra piega. Ma c’era la finanziaria da votare, che quella era la cosa più importante, in tempi di crisi come questi.

Così è cominciato a passare del tempo, troppo probabilmente, la spinta propulsiva si è indebolita, l’entusiasmo dei primi giorni si è affievolito. Dicembre.

«La storia, la scrivono i vincitori». E tu, caro Gian, quel giorno non eri tra quelli. Ci rimanemmo male un po’ tutti, anche se nell’aria, prima del voto, si sentiva che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto. Che non sarebbe cambiato niente.

Da li in poi un lento declino. Volevamo non crederci, infondo se lo auguravano un po’ tutti. Poi però gli scricchiolii si sono fatti più forti, più insistenti, hanno cominciato a chiudere FareFuturoWebMagazine, poi la Perina è stata fatta fuori al Secolo.

A Milano hai provato a ridare vigore ad un onda ormai arrivata a riva, con Bocchino vicepresidente hai voluto provare a dare un segnale forte, deciso. Una linea politica intransigente, innovativa. E’ andata male.

Devi ammetterlo, Gianfranco, anche alcune scelte sono state azzardate. Il Terzo Polo, con Casini e Rutelli era davvero così necessario? Non si poteva fare altrimenti?

Così siamo arrivati ad oggi, un anno dopo quell’infuocata assemblea del PdL. Sembra passato un secolo.

E’ andata male caro Gianfranco, ci hai provato e per questo penso onestamente che tu ti meriti l’onore delle armi, ma questa volta forse è davvero finita. 

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