Ecco se avete risposto sì ad
almeno una delle domande qui sopra sarebbe meglio che non andaste a vedere
questo film. Soprattutto il consiglio è quello di evitare i primi venti minuti.
Questo breve lasso di tempo basta e avanza per metterti addosso tutta l’ansia e
tutta la paranoia possibile che serve per arrivare fino alla fine della
pellicola. Il trucco è proprio questo, spaventarti, sconvolgerti, forse sarebbe
meglio dire renderti insicuro, instabile, perché è proprio l’insicurezza, il
“non sapere” che ti rende vulnerabile, quello che spaventa.
La storia poi non è nemmeno così tanto coinvolgente alla fine dei conti, un virus sconosciuto colpisce una donna (Gwyneth Paltrow, la si apprezza soprattutto nella scena delle convulsioni e in quella dell’autopsia) e si diffonde in maniera esponenziale in tutto il mondo. Gli eventi vengono però mostrati dal punto di vista delle varie agenzie per la sicurezza come l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) per cui lavora una insipiente Marion Cotillard, doppiata in italiano con un insopportabile erre francese che ti fa venire voglia di contrarre il virus e farla finita, ma che per fortuna viene relegata ad un ruolo defilato e comprensibile a fatica.
Il cast appunto, c’è Matt Damon,
il marito della Gwinet, che interpreta il marito cornuto che però è immune alla
malattia e che si sbatte per sopravvivere in quel mondo sconvolto
dall’emergenza, fa il suo pure lui, ma a me è sempre stato sulle balle, quindi
non mi dilungherei molto a parlarne in maniera meritoria.
Ah, stavo quasi per dimenticarla,
c’è pure Kate Winslet, muore, pure lei, sì, e nemmeno troppo bene se proprio lo
volete sapere, ve lo dico prima così vi mettete il cuore in pace. Lei è una
dottoressa del CDC inviata “sul campo” nella zona del primo focolaio della
malattia, organizza tutto per benino, indaga, si sbatte tantissimo, ma poi
muore. Succede.
faccio cose, vedo gente |
Come in tutti i film di
Soderbergh ci sono i casinò e soprattutto c’è lo spiegone finale, che non serve
poi a molto perché tanta roba l’avevano già detta a metà film. Di molto bello
c’è la fotografia, curata, pulita, precisa, fatta a modo e la colonna sonora,
che in certi momenti ricorda quella di “The Social Network”, ma va bene così,
anzi, ce ne fossero.
Ok, quindi il film è bello,
andatelo a vedere e ricordatevi sempre che in un giorno ci tocchiamo la faccia
dalle 2000 alle 5000 volte, così, tanto per saperlo.
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