mercoledì 7 settembre 2011

Quel giorno, dieci anni fa.


AP Photo/File, Marty Lederhandler
Sono giorni che penso a questo post, a cosa avrei dovuto scrivere, a come avrei dovuto raccontare quello che tutti sanno già. Così ho deciso di raccontare quei giorni, quel giorno e i mesi successivi dal mio punto di vista, con quello che provai, con quello che accadde.


Ricordo che quel giorno ero a Gardaland, il parco giochi, insieme a famiglia e amici, una splendida giornata di sole trascorsa correndo da una montagna russa all’altra. eravamo parte di un gruppo e il pomeriggio, saranno state le quattro o le cinque, salimmo sul pullman che ci avrebbe riportato a casa.

Non so se ci avete mai fatto caso, ma di solito nei piccoli televisori montati in cima e a metà degli autobus di solito si fanno vedere DVD o cose del genere, quando vengono accesi. Quel pomeriggio invece, oltre ad essere accesi erano sintonizzati su un telegiornale, il TG1 mi pare, ma non ne sono sicuro, stavano passando le immagini dello schianto del primo aereo. In quel momento nessuno di noi si rese conto di quello che stava succedendo, un po’ perché arrivavamo da una giornata di divertimenti, un po’ perché, come si fa certe volte, si guarda solo distrattamente quello che ci accade intorno. Mi pare di ricordare un messaggio del Presidente della Repubblica, ma non ne sono sicuro, come ho detto, non ci prestai molta attenzione.
Durante il viaggio, più passava il tempo, più ci rendevamo  conto che era davvero successo qualcosa di veramente importante, ascoltavamo tutto alla radio, visto che il collegamento della tv non funzionava durante il viaggio.

AARON MILESTONE/AFP/Getty Images
Quella notte, tornati finalmente a casa guardammo le edizioni speciali dei TG e finalmente potemmo realizzare quello che era successo. Non ci potevamo credere, non avevamo parole. Nessuno di noi pensava che davvero fosse possibile quello che stavamo vedendo. Sembrava un film ma non lo era, la realtà supera sempre l’immaginazione, ma non pensavo fino a quel punto.

Fin dall’inizio sostenni apertamente l’intervento armato degli Stati Uniti. Soltanto anni dopo, dopo aver capito molte più cose e con una diversa consapevolezza degli eventi cominciai a criticare l’intervento militare in Iraq.
Ricordo di accese discussioni con i miei professori. Con quella di lettere soprattutto, una donna splendida, che ti costringeva ad argomentare ogni tua affermazione. Capitava di trascurare parte della lezione del giorno per il protrarsi dei nostri dibattiti. Riflettendoci oggi potrei dire che ognuno di noi aveva le sue buone ragioni, certo, partivamo da presupposti diversi, ma ognuno di noi perorava la sua causa. Io giustificavo l’intervento militare, sposando la causa dell’allora presidente Bush, anch’io cercavo vendetta, chiedevo una reazione forte, pari almeno a quella che aveva provocato quasi duemila morti sul suolo americano. Lei mi spiegava, o almeno cercava di farlo, che la guerra in quella parte del mondo, in quell’Afghanistan così lontano, che fino ad allora non avevamo nemmeno ben chiaro dove si trovasse, di morti innocenti, quella guerra ne avrebbe fatto altrettanti, se non molti di più.
Certe mattine, marinando la scuola, continuavamo a parlarne tra di noi, seduti nei comodi divanetti del nostro solito bar davanti a un cappuccino e un pezzo di focaccia, parlavamo di massimi sistemi, di implicazioni internazionali, del bene e del male, di quello che ci sembrava giusto e quello che ci sembrava sbagliato. Mi sembrava l’unica cosa di cui fosse giusto parlare.

AP Photo/Matt Moyer
Quello che accadde quel giorno cambiò il mondo per come lo conoscevamo e cambiò tutti noi.
Da allora cercai di capire di più riguardo al mondo arabo, all’Islam, alle sue tradizioni e scoprii che in fondo quella gente non era molto diversa da noi, in molti casi viveva in situazioni che neanche osavamo immaginare e che a causa dell’arretratezza dell’istruzione in quella parte di mondo, una volta culla della cultura, quelle popolazioni erano facilmente manipolabili da personaggi senza scrupoli che nascondendosi dietro pseudo-precetti religiosi e interpretazioni volutamente erronee delle sacre scritture e del Corano riuscivano a fomentare contro “l’occidente industrializzato” intere popolazioni di disperati che non avevano altra consolazione se non nella religione. Quella stessa religione che venne usata e viene usata tutt’ora per metterci uno contro l’altro.

Non so se sia stato questo uno dei motivi per cui oggi sono agnostico, di sicuro prima mi ritenevo un buon cristiano, un credente. Ma dopo tutto questo, dopo avere visto cos’è possibile fare in nome di un “entità superiore” che si chiami Dio o Allah, dopo tutto questo, mi sono semplicemente detto che non poteva essere così, ma questa è un’altra storia.

Mi rendo conto di stare divagando, ma come vi ho già detto, non mi andava di raccontare i fatti ed esprimere un opinione, come sono solito fare.

HENNY RAY ABRAMS/AFP/Getty Images
Quella pagina di storia che non vorremmo fosse mai stata scritta, in quel mattino americano di dieci anni fa cambiò tutto e tutti, ci fece riscoprire la paura, sentimento ancestrale che prima di allora ci eravamo quasi dimenticati. Da quel giorno il mondo divenne un posto peggiore dove vivere, non per nostra volontà ma per gli oscuri deliri di un manipolo di folli.

La cattura e l’omicidio di Osama Bin Laden qualche mese fa può solo lenire il dolore di chi quel giorno e nei giorni, nei mesi, negli anni successivi, a causa delle guerre cominciate quel giorno ha subito un lutto.


La ferita dell’undici settembre non potrà mai rimarginarsi completamente, rimarrà per sempre una cicatrice di cui continueremo a sentire il dolore e in fondo, niente spiega meglio questo concetto di quattro semplici parole,

Photo credit should read DOUG KANTER/AFP/Getty Images

we will never forget.

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