AP Photo/File, Marty Lederhandler |
Ricordo che quel giorno ero a Gardaland, il parco giochi, insieme a famiglia e amici, una splendida giornata di sole trascorsa correndo da una montagna russa all’altra. eravamo parte di un gruppo e il pomeriggio, saranno state le quattro o le cinque, salimmo sul pullman che ci avrebbe riportato a casa.
Non so se ci avete mai fatto
caso, ma di solito nei piccoli televisori montati in cima e a metà degli
autobus di solito si fanno vedere DVD o cose del genere, quando vengono accesi.
Quel pomeriggio invece, oltre ad essere accesi erano sintonizzati su un
telegiornale, il TG1 mi pare, ma non ne sono sicuro, stavano passando le
immagini dello schianto del primo aereo. In quel momento nessuno di noi si rese
conto di quello che stava succedendo, un po’ perché arrivavamo da una giornata
di divertimenti, un po’ perché, come si fa certe volte, si guarda solo
distrattamente quello che ci accade intorno. Mi pare di ricordare un messaggio
del Presidente della Repubblica, ma non ne sono sicuro, come ho detto, non ci
prestai molta attenzione.
Durante il viaggio, più passava
il tempo, più ci rendevamo conto che era
davvero successo qualcosa di veramente importante, ascoltavamo tutto alla
radio, visto che il collegamento della tv non funzionava durante il viaggio.
AARON MILESTONE/AFP/Getty Images |
Fin dall’inizio sostenni
apertamente l’intervento armato degli Stati Uniti. Soltanto anni dopo, dopo
aver capito molte più cose e con una diversa consapevolezza degli eventi
cominciai a criticare l’intervento militare in Iraq.
Ricordo di accese discussioni con
i miei professori. Con quella di lettere soprattutto, una donna splendida, che
ti costringeva ad argomentare ogni tua affermazione. Capitava di trascurare parte della lezione del giorno per il
protrarsi dei nostri dibattiti. Riflettendoci oggi potrei dire che ognuno di noi
aveva le sue buone ragioni, certo, partivamo da presupposti diversi, ma ognuno
di noi perorava la sua causa. Io giustificavo l’intervento militare, sposando
la causa dell’allora presidente Bush, anch’io cercavo vendetta, chiedevo una
reazione forte, pari almeno a quella che aveva provocato quasi duemila morti
sul suolo americano. Lei mi spiegava, o almeno cercava di farlo, che la guerra
in quella parte del mondo, in quell’Afghanistan così lontano, che fino ad
allora non avevamo nemmeno ben chiaro dove si trovasse, di morti innocenti,
quella guerra ne avrebbe fatto altrettanti, se non molti di più.
Certe mattine, marinando la
scuola, continuavamo a parlarne tra di noi, seduti nei comodi divanetti del
nostro solito bar davanti a un cappuccino e un pezzo di focaccia, parlavamo di
massimi sistemi, di implicazioni internazionali, del bene e del male, di quello
che ci sembrava giusto e quello che ci sembrava sbagliato. Mi sembrava l’unica
cosa di cui fosse giusto parlare.
AP Photo/Matt Moyer |
Da allora cercai di capire di più
riguardo al mondo arabo, all’Islam, alle sue tradizioni e scoprii che in fondo
quella gente non era molto diversa da noi, in molti casi viveva in situazioni
che neanche osavamo immaginare e che a causa dell’arretratezza dell’istruzione
in quella parte di mondo, una volta culla della cultura, quelle popolazioni
erano facilmente manipolabili da personaggi senza scrupoli che nascondendosi
dietro pseudo-precetti religiosi e interpretazioni volutamente erronee delle
sacre scritture e del Corano riuscivano a fomentare contro “l’occidente
industrializzato” intere popolazioni di disperati che non avevano altra
consolazione se non nella religione. Quella stessa religione che venne usata e
viene usata tutt’ora per metterci uno contro l’altro.
Non so se sia stato questo uno
dei motivi per cui oggi sono agnostico, di sicuro prima mi ritenevo un
buon cristiano, un credente. Ma dopo tutto questo, dopo avere visto cos’è
possibile fare in nome di un “entità superiore” che si chiami Dio o Allah, dopo
tutto questo, mi sono semplicemente detto che non poteva essere così, ma questa
è un’altra storia.
Mi rendo conto di stare
divagando, ma come vi ho già detto, non mi andava di raccontare i fatti ed
esprimere un opinione, come sono solito fare.
HENNY RAY ABRAMS/AFP/Getty Images |
La cattura e l’omicidio di Osama
Bin Laden qualche mese fa può solo lenire il dolore di chi quel giorno e nei
giorni, nei mesi, negli anni successivi, a causa delle guerre cominciate quel
giorno ha subito un lutto.
La ferita dell’undici settembre non potrà mai
rimarginarsi completamente, rimarrà per sempre una cicatrice di cui
continueremo a sentire il dolore e in fondo, niente spiega meglio questo
concetto di quattro semplici parole,
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