domenica 27 gennaio 2013

Lincoln


Alla fine i 165 minuti dichiarati sembrano molti di più, soprattutto si rimane interdetti e un po’ sospesi, non si ha ben chiaro se si ha appena assistito ad un capolavoro o ad un film che non ha nulla a che fare sulla nostra cultura, estraneo per noi europei.

Non è un film biografico, almeno non intenzionalmente. È il racconto degli ultimi anni di guerra civile americana e insieme la storia dell’approvazione del 13° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti e di come si è arrivati alla storica dichiarazione dell’abolizione della schiavitù. Ed è  per questo che non è biografico anche se gli interpreti sono fondamentali, ma chi si aspetta la narrazione della vita di Abraham Lincoln si sbaglia.

Al di la dello stereotipo di padre della patria, fondatore, grande leader carismatico, ci viene presentato un Lincoln imprevedibile, capace di uscire dalle situazioni più complicate con storie ed aneddoti improvvisi e inaspettati, ma sempre concentrato sull’obiettivo, conscio delle implicazioni ma fermo e deciso sul da farsi per raggiungere l’obiettivo. Ma non c’è solo l’uomo politico in primo piano, viene dato molto risalto al Lincoln privato, al suo rapporto con i suoi figli; da padre affettuoso e accondiscendente verso il più piccolo a genitore freddo quasi formale nei rapporti con il suo figlio maggiore, voglioso di arruolarsi nell’esercito, cosa che gli viene impedita dallo “commander in chief” che poi lo  destinerà ad attendente del generale Grant nella parte finale della guerra. Ma c’è anche il rapporto con la moglie Mary, donna fragile ed emotiva, scossa nel profondo dalla morte del figlio primogenito. Il violento litigio tra marito e moglie, l’unico momento in cui vediamo Lincoln perdere il controllo delle sue azioni ed emozioni, è forse uno dei punti più alti di tutto il film, merito anche e soprattutto di Daniel Day Lewis e Sally Field.

Con un cast monumentale come questo è difficile trovare difetti nelle interpretazioni, tuttavia sebbene la maggioranza degli osservatori abbia giustamente notato la performance di Tommy Lee Jones nel ruolo di Thaddeus Stevens, sono rimasto piacevolmente colpito dall’interpretazione di David Strathairn (già visto in nella serie tv Alphas) nel ruolo del Segretario di Stato, braccio destro del Presidente e suo più stretto consigliere. È lui che mette insieme la squadra di “cacciatori di voti” per mettere insieme il numero necessario di deputati per far passare l’emendamento.

Con una fotografia curata nei minimi dettagli, a tratti si vive un’esperienza quasi eterea, non si distingue il sogno dalla realtà. Tuttavia allo spettatore viene richiesta una partecipazione non indifferente, soprattutto un attenzione particolare ai dialoghi e ai discorsi della camera dei rappresentanti. Impresa non facile per un pubblico medio e non americano. I tanti riferimenti alla guerra civile passano sottotraccia non essendo così importanti per noi come per coloro i quali se ne stanno dall’altra parte dell’Atlantico.

L’attentato non viene mostrato volutamente, non è quello ad essere importante, ma viene mostrato il momento della dichiarazione della sua morte. Perché Lincoln non è morto, in quel momento è già passato alla storia.

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