Come in tutte le storie che si rispettano bisognerebbe partire dalla fine, magari con una bella immagine da copertina, ma questa non è una storia come tutte le altre. Questa è la storia di un amore, di un colpo di fulmine, nato per caso ma diventato inossidabile.
Questa storia d’amore non riguarda me e un’altra persona, riguarda me e una città. Di questa città ne avevo già parlato qualche tempo fa in un altro post, ma niente può rendere meglio l’idea di un posto se non viverlo a fondo, cercando di entrare in simbiosi con lui.
Questa è la storia di un viaggio durato sette giorni, iniziato con un volo di un po’ più di due ore, atterrato in mezzo al nulla, non senza qualche preoccupazione; questa storia ha inizio appena scesi dal pullman alla stazione centrale, dopo circa cento chilometri di viaggio.
Arrivando un po’ da sprovveduti, ci abbiamo messo circa una mezz’ora a trovare l’ostello dove eravamo prenotati, ma una volta trovato, proprio nella città vecchia, nel centro di Stoccolma, abbiamo posato il nostro piccolo bagaglio e ci siamo preparati per la serata.
Quella notte in un locale, mi sembra si chiamasse 54 o qualcosa del genere, ho incontrato una ragazza del posto e insieme a lei la sua migliore amica (israeliana), il suo ragazzo (svedese) e un altro loro amico (australiano). Un meltin’ pot che avrei poi imparato a considerare usuale, non straordinario, per quel posto.
Ora però non mi perderò a fare i resoconti giorno per giorno, anche perché altrimenti questi post potrebbero diventare oltremodo noiosi e non mi sembra proprio il caso.
Quando vai da qualche parte, magari senza esserti informato più di tanto, ti puoi ritrovare spaesato, magari non sai dove andare, soprattutto la sera, soprattutto se sei un giovane maschio con tutto quello che ne consegue a livello ormonale.
Per quello che ho potuto vedere qui la sera non ci si ubriaca, o meglio, se lo si fa bisogna stare molto attenti a non esagerare con i comportamenti. Qui non è come in Italia o in Spagna, qui in genere non si transige se si fanno cazzate. Un ragazzo del servizio d’ordine di un locale me lo ha detto chiaro un sabato sera: “Tu non sei svedese, quindi te lo dico chiaro, se entri e bevi, ti ubriachi e fai casino, noi scendiamo, ti prendiamo e ti buttiamo fuori e tu non rientri più, intesi? Ok, buona serata”.
Se hai meno di 23 anni non puoi entrare nei locali dove servono alcolici, ma in effetti anche questa regola viene puntualmente aggirata dai giovani che vogliono ubriacarsi comprando gli alcolici nei discount e poi infilandoli in bottiglie della coca-cola per non dare nell’occhio. Ma in realtà poi anche dentro i locali troverai gente ubriaca che però cerca di dare nell’occhio il meno possibile.
Quella che poi si definisce night life in realtà si sviluppa principalmente dal giovedì al sabato, almeno per quello che ho potuto vedere. Altra cosa almeno inusuale per noi era l’orario di chiusura dei locali, le 3. Pochissimi locali, forse solo un paio andavano oltre, fino alle 5. La maggior parte dei club, delle discoteche, dei night club, dei pub alle tre del mattino alza le luci e lentamente abbassa la musica fino a toglierla del tutto e la gente che fino un attimo prima aveva ballato in pista si mette ordinatamente in fila ed esce dal locale.
Poi non so se il motivo era che siamo venuti qua nel momento dell’anno sbagliato, ma la domenica abbiamo passato una nottata surreale. In giro non c’era nessuno, ma non nessuno come modo di dire, quando dico nessuno intendo che tu potevi tranquillamente camminare in mezzo alle strade di Stoccolma senza correre alcun pericolo, nessuno per strada, nessuno per le vie del centro, nessuno nei locali, anche perché la maggioranza di quelli erano chiusi. Insomma, se non lo avessi visto con i miei occhi non ci avrei creduto.
Quella domenica sera incontrammo solo una persona, un dottore tedesco, ma di lui parlerò un’altra volta.
Così ora, sul finire di questo primo post su questo incantevole luogo, vorrei scrivere ancora qualche riga su uno degli argomenti maggiormente discussi dalle persone che incontri appena ritorni da Stoccolma ma più in generale dalla Svezia. No, non gli stoccafissi, quelli me li ha chiesti solo mio zio, ma questo è un altro discorso.
Io stavo parlando delle ragazze, la celeberrima fregna svedese.
Per quello che ho potuto vedere qui le ragazze si comportano come tutte le altre ragazze delle altre parti del mondo, forse qui sono un po’ più emancipate, forse qui sono loro a fare il primo passo in un approccio, ma non ci giurerei nemmeno troppo. Certo, qui la bellezza, per come i nostri canoni la rappresentano, è molto diffusa, almeno fino ai trent’anni (è dai trentuno in su che cominciano i problemi). Qui la bellezza è equamente divisa tra ragazzi e ragazze, uomini e donne e perfino la mia parte gay friendly ha molto apprezzato. I più belli, soprattutto i ragazzi, sembrano appena usciti da una pubblicità della L’Oreal o della Garnier, quelle con tutti i capelli che girano da una parte e tengono la piega in ogni condizione.
Poi chiaro, anche qui c’è gente normale, che non sembra appena uscita da una pubblicità di profumi, ma la percentuale dei volti da copertina è decisamente alta, probabilmente è anche il frutto della qualità della vita, ma questo è un altro discorso. (segue)
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