lunedì 8 novembre 2010

Di nani e ballerine


Che se ne abbia le palle piene di continuare ad ascoltare sempre i soliti discorsi, i soliti ragionamenti, le solite argomentazioni, penso sia un dato di fatto. Nonostante tutto però l’attenzione di queste ultime settimane sulle vicende parapolitiche che hanno riguardato il Pres del Cons continuano a tenere banco e, oserei dire, sono diventate, loro malgrado, fulcro della vita politica ed istituzionale.

Cerchiamo di mettere le cose in chiaro. Per quanto riguarda la frequentazione di ragazze più o meno giovani per quello che posso vedere e sentire non c’è questa grande indignazione da parte dell’opinione pubblica, soprattutto quella meno informata, quella che di solito viene descritta come “la pancia” dell’elettorato del centrodestra. 


Anzi, direi che a questa fascia di popolazione, per intenderci quella fascia che va dai 55 anni in su, magari con un titolo d’istruzione non troppo elevato, a quella fascia di popolazione di tutto quello che è successo proprio non gli interessa, lo vede come parte di una grande telenovela di cui tutti facciamo parte e della quale il Pres del Cons è l’interprete principale, l’attore melodrammatico che piace tanto e di cui non si vuole vedere la fine.

La situazione è arrivata a questi punti anche perché dall’altra parte, nelle file dell’opposizione, non si riesce a trovare un punto focale, un progetto, un’idea, un programma, che funga da collante e da propulsore allo stesso tempo per offrire una reale alternativa all’attuale compagine di governo, se non il solito e ormai sorpassato antiberlusconismo. 

Ci si perde nelle possibili alleanze, nelle nomenclature, nelle correnti, nei conteggi interni per vedere chi ha il diritto di fare la voce più grossa. Tra parentesi, ho notato una certa somiglianza con la vicenda di Fini e della sua espulsione dal Pdl, con quello che è successo questi giorni con i fischi riservati dall’assemblea nazionale del PD al convegno organizzato da Renzi e Civati, con l’unica differenza che in questo caso non si è arrivati – saggiamente – all’espulsione di questi ultimi dal partito.

Giorni fa si discuteva sui social network di fare piazza pulita dell’attuale classe dirigente, si discuteva del degrado e della barzelletta che sta diventando l’Italia agli occhi del mondo e si discuteva soprattutto di come queste situazioni servano a spostare l’attenzione dei media e quindi della maggior parte della popolazione dai più seri e reali problemi che riguardano la nazione.

Di certo c’è che da parte dell’attuale classe dirigente si cerca e si continua ad abbassare l’asticella della moralità e dell’etica pubblica, all’insegna del “così fan tutti”,  con la presunta sicurezza e faccia tosta di una copertura mediatica pronta a dare man forte alle proprie tesi, con la tranquillità di qualche scoop pronto alla bisogna se c’è qualcuno che non “rientra nei ranghi”.

Gli osservatori stranieri, come loro solito, non ci vanno giù leggeri: “I nemici di Silvio Berlusconi – scrive The Economist – hanno tentato di tutto per liberarsene (…) ora è emersa una nuova possibilità, che Berlusconi venga messo fuori combattimento a causa del ridicolo che circonda la sua persona. Alcuni dettagli sono così gravi che perfino i più fedeli sostenitori del governo dovranno ammettere che il presidente del consiglio sta trasformando l’Italia in una barzelletta.” E Le Monde non è certo più leggero: “In quali abissi Silvio Berlusconi è disposto a trascinare il suo ruolo istituzionale di presidente del consiglio? (…) Il senso dello stato e la rappresentanza politica non fanno parte delle sue preoccupazioni. Contano il suo piacere personale, gli affari e gli interessi della sua corte. (…) nessuno ha compromesso l’immagine della sua carica in un tale carosello di piaceri e divertimenti. (…) fino a quando i suoi alleati – e gli italiani – riusciranno a sopportarlo?

Insomma, il discredito sta continuando a crescere, soprattutto a livello internazionale.

Ci troviamo però in una situazione dalla quale è difficile trovare una via d’uscita, come nelle più consuete storie da fine impero. Non si vede alternativa, o non la si vuole vedere, o addirittura l’alternativa – se mai esiste – la si sopprime in anticipo, perché non si sa mai.

Nonostante tutto credo e continuo a credere profondamente nella forza dell’elettorato attivo, partecipe e consapevole. Credo che prima o poi emergerà un giovane, un ragazzo della mia generazione e riuscirà a cambiare le carte in tavola della politica italiana, voltando pagina una volta per tutte iniziando una nuova era.

Non sarà facile farsi strada tra gli inossidabili che continueranno a popolare i partiti e gli emicicli ma l’ondata innovativa, la partecipazione popolare, soprattutto in quelle fasce elettorali  che oggi si astengono o che votano scheda bianca e oggi sfiorano il trenta percento e sarà proprio quello il grimaldello in grado di fare saltare il tavolo e di cominciare un nuovo percorso. Perché la chiave di un nuovo cambiamento è il dialogo e non il muro contro muro, il rispetto dell’avversario e non il tentativo della sua distruzione, l’interesse per il bene comune e non l’interesse personale, l’etica, la morale, il rispetto dei ruoli e delle istituzioni.

Non ci resta che aspettare e stare a vedere quello che succede, magari davanti alla tv.


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